Rapporto dell’IEA, l’agenzia internazionale per l’energia: si ferma la crescita mondiale delle rinnovabili. Allarme per gli obiettivi di riduzione della Co2.
“Dopo aver toccato il record di investimenti nel 2013 (250 miliardi di dollari), per il settore è previsto un rallentamento. Mancano politiche a favore della green economy e reti intelligenti che sostengano le nuove produzioni”. Questa, in sintesi, l’analisi dello IEA, l’agenzia energetica mondiale, che ha pubblicato l’ultimo rapporto sullo stato delle energie rinnovabili nel mondo.
Il boom delle energie rinnovabili a livello mondiale, che ha raggiunto il suo apice nel corso del 2013, potrebbe andare incontro a “un pericoloso rallentamento”, scrive Luca Pagni su Repubblica del 28 agosto. L’allarme è più che giustificato: l’aumento di produzione di energia da fonti solare, eoliche e idroelettriche è fondamentale per l’abbattimento delle emissioni di Co2. Soprattutto nei paesi delle economie emergenti, dove la domanda di energia nei prossimi anni rischia di essere soddisfatta ancora da carbone e idrocarburi.
L’espansione delle energie rinnovabili rallenterà nei prossimi cinque anni, a meno che non diminuisca l’incertezza politica sulle scelte che i governi dovrebbero adottare per un ulteriore rilancio del settore (fonte IEA, International Energy Agency).
Nel corso del 2013, le energie verdi hanno raggiunto il 22 per cento del totale della produzione mondiale, alla pari con la produzione da centrali a gas (la cui quota è rimasta sostanzialmente invariata). Ma già da quest’anno, l’Agenzia prevede un rallentamento complessivo: anche se la quota di produzione dovrebbe raggiungere il 26 per cento entro il 2020, questa non viene ritenuta sufficiente “per raggiungere gli obiettivi globali relativi al cambiamento climatico.
Questo è vero, soprattutto nei paesi in cui è più forte la domanda di energia. In Cina, ad esempio, nell’ultimo anno le rinnovabili hanno coperto fino al 70 per cento della nuova produzione. Complessivamente, l’Agenzia sostiene che entro il 2020, le rinnovabili dovrebbero coprire la produzione di energia per il 35 per cento del totale nei paesi che non fanno parte dell’Ocse. Agganciando così una tendenza già in atto nei paesi delle cosiddette economie mature (i paesi Ocse), dove le rinnovabili già oggi coprono l’80 per cento della nuova domanda di energia. Una crescita che ora è messa in discussione sia dal calo della domanda, sia dalle politiche contraddittorie dei governi.
“Le energie rinnovabili – ha commentato il direttore esecutivo della IEA, Maria van der Hoeven – sono una componente necessaria per garantire la sicurezza energetica. Tuttavia, proprio quando nella maggior parte dei casi vengono scelte in base alla loro convenienza economica, stanno aumentando le incertezze normative in alcuni mercati chiave. Ciò deriva dai timori per i costi delle infrastrutture necessarie per distribuire l’energia delle rinnovabili”. “Ma questo non dovrebbe spaventare i governi”, sostiene ancora la Van Hoeven. “I costi sono calati, come dimostra il fatto che in molti casi le rinnovabili non hanno più bisogno di alti livelli di incentivazione. Piuttosto, trattandosi di investimenti che necessitano di molti capitali, le rinnovabili hanno bisogno di un contesto normativo certo e prevedibile”, ha concluso il direttore della IEA.
Secondo l’Agenzia, già nel 2014 ci sarà un calo degli investimenti complessivi: dai 250 miliardi della scorsa stagione ai 230 miliardi. I problemi maggiori sono previsti in Cina, dove comincia a farsi sentire la mancanza di reti adeguate alla distribuzione di energia, e nell’Eurozona dove è in ritardo la costituzione di una rete integrata fra tutti gli stati membri, nonché lo sviluppo di sistemi di accumulo.
Continuerà, invece, a crescere il Sudamerica: in Brasile gli impainti offshore sono ormai diventati competitivi al pari degli impianti a gas mentre in Cile i prezzi sostenuti all’ingrosso e gli elevati livelli di irradiazione stanno trainando il mercato del solare non sovvenzionato.
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