Presentati a Roma i risultati del Nimby Forum 2010
Sono soprattutto le centrali elettriche alimentate a biomassa quelle che piacciono meno agli italiani (+20% rispetto al 2009), seguite dalle torri eoliche, dagli impianti fotovoltaici ed idroelettrici. E’ quanto emerso dai dati dell’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum pubblicati oggi a Roma, che ha analizzato la situazione delle contestazioni relative alle opere di pubblica utilita’ e agli insediamenti industriali sul territorio italiano.In Italia la sindrome Nimby (acronimo di “not in my back yard) cresce e, con un totale di 320 casi rilevati nel corso del 2010 (13,1 % in piu’ rispetto all’edizione del 2009), conferma l’opposizione degli italiani alla realizzazione di opere che dovrebbero sorgere sui loro territori. Le proteste sono al 58% quando si parla di settore elettrico, seguite dal 32,5% quando si tratta di rifiuti, dal 5,3% per le infrastrutture e un, 4,1% per gli impianti industriali più in generale.
“Dalla prima edizione, nel 2004, non è cambiato moltissimo. Sono aumentati i numeri, ma le dinamiche sono le stesse: poca comunicazione, media disinformati, aziende reticenti, scarsa partecipazione ai progetti, politica del consenso a breve termine” ha detto il presidente dell’Agenzia di ricerche, informazione e società (Aris), Alessandro Beulcke, presentando il Nimby Forum 2010, un rapporto che rileva come maggiormente coinvolte dal fenomeno delle proteste siano le regioni del Nord Ovest e del Nord Est (50%) mentre il Sud ed il Centro si stabilizzano intorno al 20-25%.
Tra le motivazioni alla base delle contestazioni, nel 24,6% dei casi c’è l’impatto sull’ambiente come prima causa, seguita dagli effetti sulla qualità della vita (19,4%) e dalla carenza di coinvolgimento (18%). Un altro aspetto ritenuto “importante” per il Nimby Forum è “la connotazione di tipo ideologico e politico” che la sindrome nimby è andata assumendo in Italia nel corso degli anni.
“Sempre più spesso -rileva il rapporto- guidano le proteste veri e propri movimenti strutturati o enti pubblici e politici locali che agiscono secondo la logica del Nimto (not in my term office – non durante il mio mandato elettorale) e che spesso strumentalizzano la sindrome del Nimby per puri fini elettorali”. “Alle spalle dei comitati, che confermano anche nel 2010 il loro primato con il 25,4%, si attestano, infatti, -aggiunge il rapporto- soggetti politici locali (nel 23% dei casi) non direttamente collegati alle Giunte dei Governi locali e, in terza posizione, i Comuni”. E, conclude lo studio, “non sempre l’appartenenza al medesimo schieramento è garanzia di unità d’intenti”.
Ed è soprattutto l’installazione di nuovi impianti in aree agricole quella che negli ultimi anni ha ricevuto le proteste più accese. Un esempio su tutti, l’Alto Adige, da sempre all’avanguardia per le politiche ambientali, che nei mesi scorsi ha detto stop all’uso indiscriminato dei pannelli solari nel verde agricolo. Secondo poi il movimento nazionale Stop al Consumo del Territorio, il business dei pannelli fotovoltaici e degli impianti eolici è diventato un escamotage per far rendere i terreni senza lavorare.
Allarme condiviso anche da Coldiretti, la Confederazione Italiana degli Agricoltori e da Slow Food, che più volte hanno denunciato il pericolo che siti di pregio paesaggistico e di produzione d’eccellenza stavano correndo. Insomma oggi è forse più conveniente dare i terreni in concessione piuttosto che produrre Barbera.
Il problema però è che di fronte all’incertezza dei propri elettori, i politici congelano i progetti che così facendo non si realizzano mai, nel giardino di nessuno.
Commenti Recenti