Incompatibilità ambientale, rispercussioni sulla salute e sugli stili di vita, contraccolpi economici sono le motivazioni della contestazione, secondo il rapporto del Nimby Forum. Serve più informazione verso la sindrome Nimby mentre cresce un nuovo fenomeno, il Nimto, “non nel mio mandato”
Se è il comparto elettrico, con 222 impianti, ad essere il più colpito dalle proteste con il 62,7% dei casi censiti dall’ottavo Osservatorio Nimby Forum, non fanno eccezione gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che contano 176 contestazioni: su 10 impianti di produzione di energia elettrica oggetto di opposizioni, ben 9 prevedono l’uso di fonti rinnovabili. Ad essere più contestati, le centrali a biomasse (con 108 impianti), le centrali idroelettriche (32) e i parchi eolici (32).
Gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti convenzionali e rinnovabili (centrali termoelettriche, parchi eolici, impianti a biomasse, centrali idroelettriche e parchi fotovoltaici) sono complessivamente 192 e rappresentano il 54,2% del totale delle opere contestate. I cittadini, le organizzazioni e la politica locale dicono ‘no’, quindi, anche alle cosiddette energie pulite.
Il dato comprende i grandi impianti di produzione, ma è in gran parte costituito da un numeroso elenco di piccoli impianti, di potenza inferiore a 1 Mw elettrico. Dato che potrebbe trovare spiegazione nella legislazione vigente che prevede, per quest’ultima tipologia di opera, un percorso autorizzativo semplificato, in capo alle amministrazioni locali. Se infatti per i progetti di potenza da 1 a 50 Mw è necessario il parere preventivo della Commissione Via regionale, per gli impianti di portata fino a 1 Mw è sufficiente ottenere l’autorizzazione unica provinciale.
Ad essere più contestati sono le centrali a biomassa, le cui contestazioni rappresentano il 30,6% del totale, seguite dalle centrali idroelettriche e i parchi eolici (32 casi, il 9%). Per fare qualche paragone, i termovalorizzatori contano 28 casi di contestazione (7,9%), le discariche 21 (5,9%), i rigassificatori 7 (2,0%), le centrali a carbone 6 casi (1,7%) e i depositi di scorie nucleari un solo caso di contestazione registrato dal Nimby Forum.
Le ragioni della contestazione verso gli impianti da fonti rinnovabili, che godono generalmente di consenso, sono trasversali e colpiscono – rileva il rapporto del Nimby Forum – sia i progetti sia opere in attività. Diverse sono anche le motivazioni della contestazione: incompatibilità ambientale, rispercussioni sulla salute e sugli stili di vita, contraccolpi economici.
Contestazioni che investono tanto il comparto energia quanto le reti viarie. “Una grande paura che”, secondo gli organizzatori, “attraverso internet, ha un’ampia eco; anche un’informazione errata messa in rete ha una portata molto più ampia rispetto al passato. Quello che serve è una maggiore informazione da parte di soggetti qualificati e un percorso di confronto e partecipazione che vada nella direzione del modello francese di ‘dèbat public‘”.
Spesso gli oppositori dicono no a un impianto senza sapere che quello stesso impianto ha già avuto valutazioni di impatto ambientale positive, questo vuol dire che ha attraversato un processo autorizzativo complicatissimo con delle leggi molto stringenti. Tutto questo dovrebbe essere promosso da chi ha le informazioni corrette (Alessandro Beulcke, presidente Aris, l’Agenzia di Ricerche Informazione e Società che promuove l’Osservatorio Nimby Forum).
Se prima si parlava solo di sindrome Nimby, il fenomeno che riguarda l’opposizione di cittadini e comunità che non vogliono realizzata sul proprio territorio una determinata infrastruttura o opera, ora si fa largo la sindrome Nimto, letteralmente ‘Not in my turn of office’, cioè non nel mio mandato, “con amministratori pubblici che non vogliono che si realizzi un determinato impianto nel corso del proprio mandato e che a volte cavalcano la protesta a fini di proselitismo elettorale.
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