E’ notizia di qualche giorno fa, apparsa sulla stampa locale che Solsonica, produttore italiano di moduli e soluzioni fotovoltaiche, voglia spostare i macchinari da Cittàducale in provincia di Rieti (dove produce dal 2007 ) in Brasile.
Notizia smentita da Solsonica che, tramite il proprio ufficio stampa, fa sapere che: “per quanto riguarda il possibile trasferimento in Brasile, Solsonica intende sottolineare che non è corretto parlare di delocalizzazione e spostamento dei macchinari. In realtà l’azienda guarda al Brasile – cosi come ad altri mercati quali Francia, Turchia o Romania – in ottica di internazionalizzazione del business perché ritiene sia importante, per mantenere la leadership acquisita, procedere ad una diversificazione di mercato anche geografica oltre che di prodotto (per quest’ultima ci sono progetti in corso)“.
Ma alla Solsonica, società controllata dal Gruppo Eems, ormai da qualche mese si respira aria di incertezza per i 250 operai che, ai primi di agosto, si sono visti annunciare la cassa integrazione ordinaria. Da allora ad oggi però, secondo le fonti sindacali, la situazione sembra essere precipitata.
Una situazione che, secondo Giuseppe Ricci segretario FIM Cisl di Rieti, “è dovuta sì al difficile momento di crisi del fotovoltaico a livello mondiale ma anche alla posizione finanziaria della società”. Secondo l’ultima relazione, il Gruppo EEMS (operatore a livello mondiale nell’assemblaggio, collaudo e finitura di memorie a semiconduttore) riporta un indebitamento di 48,7 milioni di euro. “Tra l’altro”, ha proseguito Ricci, “le ultime scelte aziendali ci lasciano assai perplessi. Mi riferisco alla chiusura di Solsonica Energia dopo che sono stati fatti massicci investimenti per la campagna pubblicitaria. Soldi persi che oggi potevano tornare utili poiché il mercato – e gli incentivi – si stanno spostando sulle utenze domestiche”.
Ma è sull’innovazione che, secondo la stessa Solsonica in un’intervista rilasciata l’anno scorso a questo blog , si sarebbe dovuta giocare la partita decisiva per sopravvivere alla dura legge del mercato fotovoltaico in crescita. E su questo, a detta dei sindacati, “l’azienda non avrebbe mantenuto gli impegni. Il reparto celle risulta oggi chiuso e negli ultimi due anni non si sono fatti i necessari investimenti per diversificare i prodotti ed essere sempre più competitivi”.
E la causa, ancora una volta, oltre alle incertezze normative del sistema incentivante italiano, sembrano essere i produttori cinesi e le azioni di dumping. “Con un calo del 50% dei prezzi dei moduli”, secondo Solsonica, “agli alti volumi di produzione realizzati dall’azienda non corrispondono altrettanti livelli di fatturato e marginalità”.
Nel frattempo, mentre a Bruxelles si decidono le azioni necessarie per fronteggiare il dumping cinese, in Italia i lavoratori (e non solo quelli della Solsonica) fanno i conti con ciò che rimane delle produzioni di moduli fotovoltaici. A tenere duro sembrano, ad oggi, solo i lavoratori della Solsonica e quelli della Helios Technology ed Ecoware. I primi, riuniti in presidio permanente di fronte allo stabilimento, i secondi con una prospettiva di cassa integrazione straordinaria dopo mesi di continui blocchi della produzione.
“Lunedì 22 ottobre“, spiega Mario Falcone della RSU Fim Cisl di Solsonica, “dovremo rientrare, a rotazione, al lavoro. Vorremo che in questa settimana l’azienda ci spiegasse per fare cosa, dal momento in cui il mercato è bloccato”. Su questo punto è stata posta la domanda all’ufficio stampa di Solsonica ma non è pervenuta risposta (nda).
Duecentocinquanta persone e le loro famiglie sono oggi in attesa di capire cosa riserva loro il destino, in un territorio già profondamente in crisi. La zona industriale che da Rieti si sposta verso Cittaducale è sul viale del tramonto come tante altre in Italia.
Oggi i sindacati chiedono a Solsonica di non dimenticare chi ha contribuito alla sua fortuna, cioè i lavoratori, e di tenere fede al piano industriale per rilanciare l’azienda (e non solo di riduzione dei costi), così come presentato al Ministero dello Sviluppo Economico nel mese di luglio.
Questo è un territorio a cui questa azienda deve moltissimo e non possiamo pensare che voglia dimenticarsene per spostarsi in Brasile (Giuseppe Ricci, FIM Cils Rieti).
La storia di Solsonica nasce infatti dai continui cambiamenti che la zona industriale di Rieti ha vissuto negli anni. Erede della Texas Instruments lo stabilimento occupava, negli anni settanta, milleduecento operai. La casa madre si spostò ad Avezzano in Abruzzo e a Rieti il sito produttivo fu rilevato dalla Eems che forniva semiconduttori alla tedesca Siemens. Nel 2005 la Eems sceglie la strada della Cina e nel giro di pochi anni viene fatta nascere la produzione di pannelli fotovoltaici, tornando così ai giorni nostri.
La “Madonna Pellegrina”, come la chiamano da queste parti, oggi è diventata la delocalizzazione. Nei prossimi mesi si tratterà di capire se anche per l’italiana Solsonica il Brasile (e il nuovo programma di incentivi varato dal Governo brasiliano) sarà la prossima tappa. Le produzioni italiane di moduli fotovoltaici sono ormai definitivamente scomparse e, ancora una volta, non è stato il mercato – e le scelte imprenditoriali – a segnarne i destini ma gli incentivi.
E nella zona di Rieti lo sanno bene. Già in passato Texas Instruments, Siemens ed altre aziende erano state delle fedeli “followers” (come si direbbe oggi nel moderno linguaggio del web) della politica incentivante italiana. Al loro posto oggi, centri commerciali e grandi capannoni, con il cartello “vendesi”.
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