Presentato a Bruxelles un rapporto sulla corruzione che in Italia pesa 60 miliardi all’anno, la metà del totale europeo. E’ truccata una gara d’appalti su dieci
Lo Stato si distrae mentre aumenta il peso della corruzione. E’ questo uno dei grandi mali italiani che, secondo l’ultimo rapporto presentato a Bruxelles da Price Waterhouse per Olaf, l’agenzia antifrode europea, pesa 60 miliardi all’anno. Dei 120 miliardi che l’Unione Europea ha stimato “di competenza dell’economia delle tangenti”, circa la metà è da attribuire al Bel paese. Le possibilità che in Italia un appalto pubblico sia viziato dalla corruzione arrivano al 10%, oltre tre volte il dato francese e più di dieci volte quello dell’Olanda, dove il malaffare pesa meno dell’1%.
E’ pur vero che non siamo soli. A farci compagnia ci sono gli ungheresi e i romeni: se fatto cento il livello di incorrutibilità, noi ci attestiamo a 57 mentre i romeni a 55. Naturalmente, Francia e Olanda sono rispettivamente a 91 e 97. A livello europeo la bustarella è soprattutto elargita nel settore dei corsi di formazione, dove si paga per insegnare alla gente come trovare lavoro. Qui le possibilità che qualcuno abbia convinto qualcun altro a sveltire pratiche o ad assegnare incarichi, supera il caso su quattro (28%), seguita dal settore idrico. Bassa è la truffa stradale (13%) dove i controlli sono più serrati e i casi meno frequenti. Il dato invece raddoppia se si guarda alla voce “materiali” delle ferrovie. Di fronte a un campione di otto stati (Italia, Francia, Paesi bassi, Lituania, Ungheria, Spagna, Polonia e Romani) e cinque settori chiave (come costruzioni e risorse idriche), nel 2010 sono stati sottratti dalle casse pubbliche e comunitarie ben 2,2 miliardi. Vale a dire una media del 3% del valore delle aggiudicazioni che sale di oltre tre volte quando è l’Italia ad essere passata allo screening.
Il vizietto preferito dagli italiani, secondo P&W, sono le gare truccate. Nel 63 per cento delle violazioni il vincitore è già stato deciso e gli altri concorrenti partecipano solo per pro forma. Il conflitto d’interesse, cioè l’attribuzione a parenti o amici, è sorprendentemente solo al 23 per cento.
Un’economia corrotta è un’economia che non cresce: il corruttore fa sua o cerca di mantenere la rendita economica eliminando così il rischio di impresa. Un sistema corrotto si autoalimenta e rimane immobile, non consente ai migliori di emergere e soprattutto non garantisce il futuro a nessuno, tranne che ai corruttori e ai corrotti medesimi. Nell’Italia di oggi la corruzione è un male endemico, il cui sintomo principale è quello di interessarsi solo al presente e alle proprie rendite (non solo economiche ma anche di potere). E in un sistema corrotto proliferano i mediocri: mentre il talento innova e libera risorse nuove, la mediocrità conserva e tarpa le ali a chi vuole mettersi in gioco. E oggi la mediocrità è ormai un segno dei tempi, oltre che del sistema politico.
Ma di chi è la colpa? La natura economica delle corruzione, in tutti i settori, è da ricercare nella presenza dello Stato nella vita economica di un paese. Molti analisti sono concordi nel dire che a fronte di un aumento marginale dei livelli di corruzione, segue una diminuzione del tasso di crescita. In un mercato corrotto o comunque poco trasparente, c’è poca concorrenza, la produttività ne risente, così come gli investimenti e soprattutto le risorse pubbliche vengono allocate male. Secondo il rapporto di Price Waterhouse, i funzionari pubblici non sono specificatamente addestrati per assicurare la trasparenza. E in Italia, la mancanza di capacità della pubblica amministrazione di gestire strutture e leggi piuttosto complesse, crea spazio per frodi e corruzione.
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