Di sussidio in sussidio a impianti decotti e aziende in crisi si ricorre ancora una volta a soluzioni estemporanee che non risolvono i problemi strutturali del sistema energetico. Dal cappello di Renzi e del suo Governo si attende una nuova strategia energetica nazionale che guardi oltre i soliti salvagenti.
Molto probabilmente nessuno ne avrebbe parlato, salvo gli addetti ai lavori, se non fosse stato per il caso Sorgenia e le difficoltà economiche del gruppo che fa capo alla Cir di Carlo De Benedetti. E’ il capacity payment, una parola inglese che in parole nostre vuol dire, “retribuire o meglio continuare a sussidiare chi oggi produce energia elettrica con il gas“. Una formula che in pratica consente di remunerare anche quegli impianti costretti a fermarsi a causa della produzione di energia da fonte rinnovabile e della crisi economica che ha affossato i consumi in tutta Europa. La domanda infatti è crollata e con essa i prezzi all’ingrosso che si sono quasi dimezzati dal 2008.
E per salvare gli impianti in pesante crisi è arrivata anche in Italia la formula magica introdotta, dopo vari dibattiti, nella legge di Stabilità entrata in vigore lo scorso primo gennaio. Un’ancoraggio di fortuna che all’inizio volevano far pagare ai produttori di energia rinnovabile “colpevoli” di aver creato l’eccesso di capacità grazie agli incentivi particolarmente generosi.
Al centro della crisi del termoelettrico attuale ci sono soprattutto i cicli combinati a gas. Ed ecco entrare in gioco le centrali di Sorgenia di cui tanto si è sentito parlare in questi giorni e al cui capezzale è arrivato anche il capacity payment. Gli impianti termoelettrici, tra cui quelli dell’azienda di Carlo De Benedetti, potranno contare su una riserva anche se non riusciranno ad entrare in funzione. Un salvagente che probabilmente non risolverà il destino della malandata Sorgenia (il debito sfiora quota 1,9 miliardi) ma che sicuramente darà un po’ di respiro ai bilanci dell’azienda in profondo rosso.
Al di là delle letture politiche del caso è importante cercare di comprendere quanto costa questo galleggiante che sta già affondando e soprattutto chi lo paga. Secondo il Presidente dell’Autorità non saremo noi. “C’è l’assoluta garanzia che eventuali ripercussioni non potranno finire nelle bollette dei clienti finali e dei consumatori”. Così Bortoni, a margine dell’assemblea pubblica dell’Anfia a commento dell’approvazione dell’emendamento sul capacity payment alla Legge di Stabilità. Di diverso avviso Confindustria che nel luglio del 2012 aveva già espresso “forte preoccupazione per la misura introdotta, che può innalzare ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro”.
In un Paese che ha una sovracapacità ormai strutturale di produzione elettrica di oltre il 30% non esiste un problema di capacity payment bensì quello di trovare opportuni meccanismi di gestione dei bilanciamento e riserva di energia coerenti con il finanziamento del mercato” (Confindustria)
Ha senso allora continuare a finanziare imprese decotte che non producono nulla (salvo alleanze di altra natura)? Non sarebbe forse più utile utilizzare quei soldi per ammodernare la rete, investire sull’innovazione e rendere realmente efficiente lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, peraltro già abbondantemente pagate e sussidiate? Insomma bisognerebbe darsi da fare per accumulare la sovracapacità energetica e distribuirla al meglio e non solo lanciare salvagenti a chi ormai è destinato ad affondare. Da notare che la Strategia Energetica Nazionale sembra essere per il momento accantonata salvo, una fuoriuscita a sorpresa, dal cappello del Governo Renzi.
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