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SunEdison annuncia di voler chiudere definitivamente il reparto di policristallo per il sito italiano di Merano, in provincia di Bolzano: a casa 200 dipendenti, mentre in Arabia Saudita verrà realizzata una nuova fabbrica per coprire tutta la filiera.

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Non è bastato ridurre i costi, non è servito intervenire persino sul costo dell’energia, così come non è valso a nulla aver investito 360 milioni per un impianto di ultimissima generazione. La doccia fredda è arrivata comunque e stamattina i 200 dipendenti del reparto policristallo della ex MEMC di Merano, ora SunEdison, si sono visti annunciare la chiusura definitiva del reparto in cui lavorano. E sono stati gli ultimi a saperlo.

Settimana scorsa infatti la corporate, in un comunicato stampa, aveva annunciato di voler investire 6 miliardi di dollari per realizzare in Arabia Saudita una nuova fabbrica in grado di coprire tutta la filiera produttiva, dal polysilicon ai moduli.

“Una ristrutturazione a livello globale”, così hanno spiegato da SunEdison, iniziata nel 2011 e che ha visto coinvolto il sito italiano nonostante i numerosi tentativi per ridurre i costi. L’impianto di polisilicio di Merano rientra nel piano avviato nel dicembre del 2011 per allineare il business con le attuali e previste condizioni di mercato e per migliorare la competitività globale dei costi”, ha fatto sapere SunEdison.

Un impianto chimico fa rumore. Per chi ci lavora da tanti anni è un rumore familiare, consueto: ci si abitua, non è così male. L’8 dicembre del 2011 – guarda caso in un giorno di festa per l’Italia – eravamo in pochi in fabbrica, quando abbiamo ricevuto l’annuncio del grande capo americano. Spegnimento immediato dell’impianto, “pending dramatic cost reduction” (Giorgia D’Incà, ingegnere chimico di MEMC, dal capitolo Io C’ero de “Il sole, le ali e la civetta”).

Una ristrutturazione che ha visto, per una volta, l’appoggio del Ministero dello Sviluppo Economico e che portò, allora, addirittura alla possibilità di accedere all’energia austriaca poichè quella italiana era troppo cara e rappresentava una voce di costo insostenibile per SunEdison.  Lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico che oggi non ha proferito verbo di fronte all’ennesima emoraggia indutriale che questa volta si è aperta nell’operoso Alto Adige.

I 200 lavoratori, il cui destino per due anni è stato metaforicamente appeso ” a un filo”, hanno visto quel filo spezzarsi. In questi anni è stato fatto tutto il possibile – spiegano il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher e l’assessore Martha Stocker – ora cercheremo di dare tutto il supporto possibile ai lavoratori e alle loro famiglie. Nessuno verrà lasciato solo”.

Purtroppo però a essere lasciato solo è il futuro industriale dell’Italia e le crisi non si contano più. Se qualcuno ha intenzione di fermare questa emoraggia lo faccia sapere ai tanti lavoratori che, dopo anni di attese e promesse, si ritrovano a casa senza nessuna prospettiva per il futuro.