Dallo sviluppo della filiera del riciclo 90mila nuovi posti di lavoro entro il 2020.
Se dai diamanti non nasce niente e dal letame nascono fiori – come cantava Fabrizio De Andrè – dal riciclo della monnezza si creano nuovi posti di lavoro. E non sono pochi, almeno secondo il Conai che ha pubblicato il nuovo rapporto dal titolo “Ricadute occupazionali ed economiche nello sviluppo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani”. Entro il 2020, stima il Consorzio nazionale imballaggi, la filiera del riciclo potrà creare 90mila nuovi posti di lavoro. La carta straccia che diventa libri o quaderni, il vetro che torna a vivere in nuove bottiglie, la plastica di contenitori che diventa maglioni, biciclette, altri contenitori. E così all’infinito.
Nell’analisi, condotta in collaborazione con Althesys, la situazione italiana nella gestione dei rifiuti urbani si presenta eterogenea: a livello Paese circa un terzo dei rifiuti urbani è avviato a riciclo e il ricorso alla discarica supera di poco il 40%. Al Nord, essendo molto sviluppate le attività della filiera di recupero, il ricorso alla discarica è limitato al 22% mentre al Centro e al Sud raggiunge e supera il 60%.
Lo studio, inoltre, simula due possibili scenari, il primo definito teorico, poco realistico, che prevede il raggiungimento del 50% del riciclo dei rifiuti urbani nelle tre macro aree Nord, Centro e Sud, e il conseguente sostanziale superamento del ricorso alla discarica.
Un secondo scenario, definito prudente, tiene conto delle differenti situazioni di partenza delle tre aree e valuta in modo più realistico le possibili evoluzioni; in tale quadro, è possibile ipotizzare un tasso medio nazionale di riciclo dei rifiuti urbani del 50%, con punte minime al 40% e punte massime al 61%. In questo contesto, la discarica si ridurrebbe di 4 milioni di tonnellate al 2020, ovvero del 20% rispetto al 2013 al Centro Sud e del 10% al Nord.
Tra le iniziative per incrementare il riciclo, lo studio del Conai suggerisce di spingere “sull’industrializzazione della filiera e l’introduzione di sistemi per il suo finanziamento, investimenti in ricerca e sviluppo sia nelle fasi di raccolta e selezione che naturalmente in quelle di riciclo e l’adozione di strumenti e iniziative per favorire il consumo dei prodotti verdi”.
E cogliere gli obiettivi Ue di gestione dei rifiuti potrà, sottolineano gli esperti del Consorzio, “potrebbe portare consistenti ricadute in termini di occupazione. “Nello scenario prudente, gli addetti aggiuntivi della filiera del riciclo – parliamo di raccolta differenziata, trasporto, selezione e riciclo al netto dell’occupazione persa in altri settori, come per esempio le discariche- sarebbero circa 76.400”.
Riguardo gli addetti per le costruzioni di impianti di selezione, compostaggio, riciclo intermedio e termovalorizzazione, il Rapporto rileva un apporto di addetti aggiuntivi pari a “circa 12.600, per un totale sull’intero territorio nazionale di circa 89.000 nuovi posti di lavoro”.
Gli effetti occupazionali, in entrambi gli scenari valutati nel Rapporto Conai, sono in proporzione maggiori al Centro e al Sud soprattutto nelle attività di raccolta differenziata in ragione del ritardo che caratterizza tali aree. Al contrario la maggior concentrazione di industrie del riciclo al Centro Nord determina in tali aree un incremento occupazionale percentualmente superiore per tali attività.
Lo studio stima poi che l’incremento di posti di lavoro sarà minore, pari a circa 60.000 unità, nell’ipotesi che l’intensità della mano d’opera incrementale nelle attività di raccolta al Centro e al Sud si allinei agli standard del Nord.
Sul fronte delle ricadute economiche complessive, il volume d’affari incrementale della filiera -riferito a raccolta differenziata, trasporto, selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio, termovalorizzazione- nello scenario prudente è stato valutato pari a circa 6,2 miliardi.
Gli investimenti in infrastrutture , come impianti di selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio e termovalorizzazione, ammonterebbero, calcola ancora il Consorzio, a circa 1,7 miliardi, mentre il valore aggiunto è stato quantificato in circa 2,3 miliardi.
Rilevanti, infine, “potranno essere i benefici economici netti, cioè la differenza i benefici generati dal sistema Conai e i costi” avverte il Consorzio. Per la sola filiera del riciclo degli imballaggi da rifiuti urbani, ha stimato Althesys in un precedente studio, dal 1998, anno della fondazione di Conai, al 2012 i benefici netti sono risultati pari a circa 12,7 miliardi di euro.
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