Si sono chiamate Duegiart, dalle iniziali del loro nome e, dentro quel nome, Giovanna e Giulia ci stanno mettendo tanta creatività ma soprattutto voglia di fare.
Intraprendenza che, un po’ per necessità, un po’ per capacità si ritrova spesso in chi lavora nei settori della green economy siano essi design, moda, rinnovabili, riciclo, consumi intelligenti.
Un settore dove le quote rosa mancano perché la richiesta professionale è di figure che lavorino “in condizioni estreme”. Per le donne il settore della green economy rappresenta però una duplice sfida: sia nei tassi di occupazione, ancora molto bassi, sia nelle condizioni di lavoro.
Ma per Giovanna e Giulia che usano i guanti di gomma usati, le rondelle di ottone obsolete, le vecchie stoffe scartate dalle collezioni precedenti, i palloncini rotti recuperati dalle feste dei figli, le guarnizioni idrauliche che non usa più nessuno e la pelle da buttare, green economy è soprattutto riutilizzo intelligente e creazione di accessori per niente minimal ma molto chic.
Soprattutto collane, divertenti e colorate ma anche optical che di solito sono in parure con i bracciali e, per chi vuole esagerare, anche orecchini. Tutti pezzi unici, realizzati rigorosamente a mano, ritagliati al centimetro e al centimetro montati pezzo per pezzo, assemblati, incollati, pronti per essere fotografati dalle più importanti riviste di moda. Vogue Italia dedicherà a Duegiart un intero servizio nel numero di dicembre.
Collezioni nate quasi per caso, come mi racconta Giovanna, anno 1967, due figli Edoardo e Francesca che ha sempre fatto l’architetto o meglio, l’interior design, lavorando anche per importanti studi come quello di Piero Lissoni e Patricia Urquiola.
“Dopo la crisi degli ultimi anni”, spiega Giovanna, “ho sempre cercato di inventarmi qualcosa di alternativo alla mia professione dove ormai è sempre più difficile lavorare. Ristrutturare case vuol dire avere a che fare con i privati e non tutti possono permettersi il lusso di un architetto. Per 15 anni ho tenuto duro e, nel frattempo, ho sempre cercato soluzioni alternative: mi sono inventata la professione di web designer realizzando siti per amici e conoscenti, quella di gallerista promuovendo, tra gli altri, le opere di mio marito. Con Giulia ci siamo incontrate di fronte a scuola, dove vanno i nostri figli e, guardandoci in faccia, ci siamo chieste come avremmo potuto sfogare la nostra creatività e trovare, nello stesso tempo, un’attività gratificante”.
“L’idea dei gioielli”, mi racconta ancora Giovanna, “è venuta dopo, andando in giro, recuperando cose che gli altri non usavano, guardando le tendenze del momento e mettendoci un po’ di sana passione femminile. La progettazione, il concetto del riuso e la lavorazione di alcuni tipi di materiali, ad esempio la vecchia carta con cui facciamo le collane, sono arrivate col tempo e con l’esperienza”.
Giulia, anno 1966, una figlia Sofia, è un po’ l’altra metà del cielo per Giovanna. Si è sempre occupata di organizzazione e, negli ultimi anni, è stata anche ufficio stampa di una società che produce complementi di design. “Purtroppo”, mi spiega Giulia, “qui sono iniziati i guai. Mi sono ammalata di tumore al seno e a 44 anni mi sono ritrovata senza lavoro e, senza futuro”. Il lavoro del padre l’ha portata a vivere in Africa da piccola e, mi racconta: “la Tanzania mi ha insegnato molto, mi ha insegnato a combattere. Da Roma siamo poi passati a Perugia dove mia madre lavorava come ricercatrice e lì ho vissuto fino al 2000 lavorando nel sociale e per il vice sindaco della città. A Milano mi sono trasferita quando ho conosciuto mio marito e qua mi sono fermata”.
Alla domanda se si sentono delle imprenditrici green mi rispondono che: “forse no, non ancora, ma speriamo di diventarlo un giorno. Chissà”. Per ora, concludono le Duegi, “abbiamo punti vendita a Milano e Roma e ci stiamo attrezzando per l’e-commerce”.
A Giulia e Giovanna vanno i migliori auguri di questo blog che continuerà a dare un volto e un’anima a chi lavora in questo settore.
Per informazioni: www.duegiart.it
A mio avviso il modo migliore per inventarsi un lavoro è quello di creare un attività basata sulle proprie passioni, cioè quello che realmente ci piace fare, a quel punto non si parla più di lavoro ma di un modo di guadagnare soldi lontano dagli schemi classici della società moderna, cioè le 8-10 ore al giorno, i weekend passati nei centri commerciali e i soldi spesi per cose inutili. In questo modo è possibile inventarsi un lavoro semplicemente ridefinendo il concetto di lavoro, che come oggi è impostato, è solo uno sfruttamento di massa delle persone da parte del sistema.
grazie per l’articolo, assolutamente interessante!
Ciao! Mi potresti dire a che numero di viale monte nero è il negozio o un recapito per scoprirlo? Sono molto interessata alle loro collane! Grazie mille!
Ciao Elisa,
grazie per l’interesse. Puoi chiamare Giovanna (349/4324367) al suo cellulare quando vuoi.
Solo due domande: come siete riuscite a togliere l’odore di lattice nelle collane fatte con i palloncini? 2) Le rondelle di ottone si possono fondere e trasformare in altri oggetti … ma se le incollate ad altri materiali non si possono riciclare, che tipo di green economy state trattando? … in bocca al lupo …
Non entro nel merito dei dettagli tecnici ma ti posso dire che nel momento in cui dei materiali hanno comunque una seconda vita e quindi vengono riutilizzati e non solo riciclati è comunque attenzione all’ambiente. Il concetto di riuso non è molto pubblicizzato ed è spesso poco conosciuto ma penso sia altrettanto fondamentale. Gli oggetti che trattano le Duegi, anzichè finire nel sacco nero (cosa che succede spesso) diventano bijoux.
Stiamo naturalmente parlando di piccoli numeri ma anche questo fa green economy.
Grazie per il commento e continua a seguirci
Interessante articolo!