Il senso di responsabilità: uno dei punti da cui ripartire per riprenderci il nostro futuro. Dobbiamo iniziare a chiedere come vengono spesi i nostri soldi e soprattutto è nostro dovere chiederlo
Nella rassegna stampa di stamattina un articolo di Affari & Finanza (l’inserto economico del lunedì di Repubblica) riportava una lettera di Giuseppe Recchi, presidente dell’Eni. L ‘intervento, titolato “Il mondo è ripartito senza aspettare l’Italia”, inizia con: “contrariamente alla sensazione che si ha in Europa, viaggiando per il mondo si percepisce che qualcosa è cambiato e sta cambiando. C’è un ottimismo diffuso e ormai quasi palpabile, è tornata la voglia di intraprendere, di investire”.
Giuseppe Recchi è un manager che il mondo lo conosce e, senza entrare nel merito delle politiche dell’azienda che rappresenta, è importante notare che proprio dal presidente di una delle più importanti aziende italiane arriva questo appello disperato. “L’Italia è un laboratorio tragico”, così Recchi definisce il nostro paese aggiungendo che, “spegne qualunque iniziativa o fiamma d’entusiasmo”.
Ed è proprio su questo “castrare” ed essere “castrati” che vorrei soffermarmi. Le colpe le conosciamo è inutile discuterne e soprattutto è ormai inutile continuare a ripeterlo: il colpevole, le Istituzioni, in questo momento non ci sono neanche più. Siamo noi che dobbiamo gestire il cambiamento assumendoci, tutti per la propria parte, le nostre responsabilità. Se tu sei la causa dei miei mali posso prendermela con te. Ora però non c’è più nessuno con cui possiamo prendercela. E allora cosa fare?
E’ necessario tornare al concetto di responsabilità, ormai dimenticato da tutti. Il “buon padre di famiglia” di cui Berlusconi è andato raccontandoci per anni, siamo tutti noi. E’ inutile negarlo.
Come scrive ancora Recchi, “nessuno è più chiamato a portare la responsabilità di quello che fa. Moriamo di irresponsabilità diffusa. Dal parlamentare senza vincoli di mandato a chi è proposto a incarichi determinanti per il funzionamento dell’amministrazione, della fornitura di servizi o a chi esce dai binari della legalità”.
E’ da qui che vengono le più grosse disfunzionalità del sistema Italia ed è da qui che dobbiamo ripartire. Tutti o ognuno per sè non ha importanza. Non possiamo più permetterci di aspettare tempi migliori e rimandare le decisioni. Alzarsi al mattino e anzichè prendersela con chi in metropolitana non ti lascia il posto, è forse più utile pensare che quel posto è costato a tutti noi e se ora è sporco e imbrattato di scritte noi ci rimettiamo.
Se così non inizieremo a fare, a occuparci cioè della cosa pubblica a tutti i livelli, ci ritroveremo sempre qualcuno che se ne appropria in modo più o meno lecito. E’ giusto iniziare a chiedere come vengono spesi i nostri soldi e soprattutto è nostro dovere chiederlo. Questo è, almeno a mio avviso, uno dei punti da cui partire. Il resto viene di conseguenza. Se così non faremo il treno con le nostre eccellenze, la nostra cultura, il nostro sapere, la nostra bella Italia insomma, passerà portandosi via anche il nostro futuro.
Grazie a Federico per la segnalazione del film.
La classe politica e la classe dirigente italiana rispecchiano i vizi e le virtù del Paese.
Ognuno si faccia l’esame di coscienza di quanto a rubato allo Stato (direttamente o indirettamente).
Se non prendiamo coscienza di questo sarà difficile ricostruire l’Italia.
Invito ad ascoltare (dal minuto 2) il discorso finale di Bisio in “Benvenuto Presidente!”.
Ecco il link:
https://www.youtube.com/watch?v=173ciRAmhIw