Arriva come un fulmine a ciel sereno la decisione di Electrolux di licenziare 2000 operai, ovvero oltre il 3% della propria forza lavoro complessiva a causa dei risultati deludenti del terzo trimestre, che hanno evidenziato un calo del 29% dell’utile a 75 milioni di euro
Era il 1998 e la bellissima campagna di Electrolux dal titolo “Il frigorifero amico della terra” spopolava su tutti media nazionali e internazionali. Allora si iniziava a parlare dei danni che il CFC (il gas responsabile dell’effetto serra), avrebbe fatto all’atmosfera. Electrolux fu una delle prime aziende a inaugurare quella che oggi si chiama la responsabilità sociale d’impresa, vale a dire l’impegno diretto di un’azienda per contrastare i cambiamenti climatici. All’azienda svedese va il merito di essere stata un pioniere e quella campagna, in collaborazione con il WWF, gli valse dei riconoscimenti.
Oggi il frigorifero non è più tanto amico della terra o quantomeno non lo è dei suoi abitanti. Mi riferisco ai 1000 lavoratori che a Susegana, in provincia di Treviso, producono frigoriferi e congelatori da incasso, ai 1200 di Porcia, in provincia di Pordenone, che producono lavatrici, ai 900 di Solaro, in provincia di Milano, che producono lavastoviglie e agli 800 di Forlì dove vengono assemblati piani di cottura e forni. Ma anche ai 300 e più che lavoravano a Scandicci, in provincia di Firenze, i primi ad essere “dismessi” e che ancora oggi non hanno chiuso la vertenza con l’azienda. Allora Electrolux delegò al Ministero dello Sviluppo Economico la gestione dell’emergenza occupazionale dal momento in cui ogni operaio ricevette (almeno questo doveva essere l’accordo) una buonuscita. Peccato poi che la buonuscita è finita in mano a gente senza scrupoli e a un progetto industriale nato già morto. Ma questa è un’altra storia che risale a più di tre anni fa e che oggi si ripete con le altre fabbriche.
Nel gergo aziendale significa ridurre i costi, efficientare le produzioni e renderle competitive dandosi un anno di tempo per capire se sono ancora sostenibili oppure no. Nel linguaggio degli “abitanti della terra” significa che il frigorifero non è più “così amico” o quantomeno non consente loro di mantenere la dignità di un posto di lavoro. L’augurio è che questa volta non si presenti nessuno con una valigetta piena di soldi per trattare la dismissione delle fabbriche ma che siano gli stessi svedesi a decidere quali saranno le sorti dei loro siti produttivi. Un’altra lenta agonia dove la “concertazione sociale” prevale sugli interessi dei lavoratori sarebbe insostenibile.
Il gruppo ha infatti deciso di ”studiare in dettaglio se dovrà mantenere le sue quattro fabbriche italiane’‘. Electrolux impiega in totale oltre 60 mila dipendenti ed ha motivato la decisione dei tagli con il fatto che sebbene la domanda in America del Nord e sui mercati emergenti sia in crescita resta in calo nei principali mercati di sbocco dell’azienda in Europa. L’Italia, per numero di fabbriche e per numero di occupati, è uno dei Paesi europei dove più è concentrata l’attività della Electrolux. Saranno circa 200 gli impiegati Electrolux italiani, sui mille complessivi in Europa dei 7500 dipendenti, coinvolti nella riorganizzazione degli uffici dell’azienda di elettrodomestici. Il motivo lo spiega la stessa azienda in una sterile nota dove precisa che: “vista l’insoddisfacente performance del settore elettrodomestici Emea, Electrolux ha assunto una serie di importanti decisioni strategiche con l’obiettivo di ridurre i propri costi operativi in Europa. Il progetto, che dovrà essere avviato subito e concluso entro il biennio 2014-2015, prevede un’organizzazione meno complessa, più veloce ed efficace nel raggiungere e gestire il mercato”.
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