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Contro (la) natura: il libro di Chicco Testa parla di una natura che non rappresenta il bene a tutti i costi e che spesso rappresenta il problema e non la soluzione

images (5)Che la natura sia bella, che piaccia, che sia un ottimo strumento di marketing è noto. Che sia diventata di moda e che se ne parli a sproposito, sembra altrettanto evidente. Non sempre invece sembrano essere altrettanto chiare le ragioni per cui ogni fenomeno naturale deve, necessariamente, avere anche un’anima bella. O meglio, un’anima pulita. E Chicco Testa, a cui non mancano certamente i trascorsi con le anime belle dell’ambientalismo italiano, cerca di smascherare quest’anima dalla doppia faccia. E lo fa nel suo libro “Contro (la) Natura, (Marsilio Editore, pagg 130, euro 10), scritto a due mani con Patrizia Feletig, dove le teorie scientifiche si accompagnano all’ironia di chi vuole sfatare i miti della natura buona e utile a tutti i costi. Chicco Testa infatti, preferisce credere ai miracoli piuttosto che ai bacilli perché, scrive, “è nata addirittura una vera e propria filosofia, ormai radicata nel nostro modo di pensare, che predica, propaganda e vende “Il naturale” come migliore rispetto all’artificiale, al sintetico, al non-naturale”. Insomma preferibile, secondo Testa, a tutto quello che ha subito una manipolazione umana.

Il progresso, l’innovazione, le comodità a cui ci siamo abituati sembrano essere “contro la natura” ma noi, piccoli essere viventi destinati a spegnersi dopo un certo tempo, nulla possiamo contro le forze naturali e nulla possiamo contro il progresso. Le alluvioni, le catastrofi, il clima che cambia ne sono la testimonianza. Perché, scrive Testa, partiamo dal concetto di “fabbrica dell’ambiente”, cioè ci costruiamo la natura come piace a noi e sogniamo un mondo incontaminato e puro dove vivere in pace, senza pericoli. Ma la natura, lo dice il termine stesso, non è governabile, fa quello che vuole, come e quando vuole.  E soprattutto è diventata un’industria con tanto di giro d’affari, lobby e marketing. L’industria della fitoterapia, del biologico, dell’omeopatia, del chilometro zero, dell’aria pulita.

La natura non è governabile ma non è neanche catalogabile. Tantomeno dai colori politici. Testa nel libro ricorda i suoi trascorsi con gli ambientalisti storici italiani, quali Antonio Cederna e Laura Conti, per giungere alla conclusione che la natura non è né di destra né di sinistra. Del resto anche il modesto scenario di casa nostra conferma che la natura non ha particolari appartenenze politiche, salvo Legambiente che però nelle 130 pagine del libro non viene mai menzionata. Si parla invece del Politburo dell’ambiente e dell’ambientalismo catastrofista, come ad esempio Greenpeace, di cui Testa racconta in un capitolo a parte.

All’orizzonte quindi non c’è nessun benefattore, nessun benemerito guaritore, nessun salvatore della specie. Perché allora la natura continua a raccogliere sostenitori, non solo tra i cittadini, i movimenti politici ma anche tra le aziende che ormai hanno fatto della sostenibilità il loro cavallo di battaglia? Testa cerca di spiegarlo ma alla fine, si sa, sono le leggi del marketing (e del mercato) ad avere la meglio.

Leggi a cui sembra ispirarsi anche l’ambientalista collettivo. Una miscela indistinta, secondo Testa, con qualche buona idea e paure senza senso, dati scientifici usati come gadget, informazione sensazionalista, magistrati alla ricerca di nuovi potenziali criminali, leggende metropolitane, sensi di colpa da espiare, mode e marketing. Questo «ambientalista collettivo» è ogni giorno sotto gli occhi di tutti noi, visibile dalle pagine dei giornali, sempre in prima linea quando si tratta di dire no a qualcosa: alle trivelle, agli impianti eolici, ai rigassificatori, ai gasdotti. A quale identità politica appartenga poi questo “ambientalista de noantri” non è chiaro. Apparentemente sembra che l’eredità lasciata dal Movimento dei Verdi sia stata in parte raccolta dal Movimento Cinque Stelle che ha fatto proprie molte istanze, sia a livello locale che in Parlamento.

In ogni caso, secondo Chicco Testa, la cosa più pericolosa sono l’ignoranza e il miscuglio di idee. E fin qui nulla da eccepire. Il rischio però è che, leggendo questo libro, ci siano altri talebani all’orizzonte che vorrebbero convincerci di come la natura non sia nostra amica e di come ormai il cantico delle creature sia ormai un lontano ricordo. Sarebbe stata forse più interessante e originale un’analisi di come natura e progresso dovrebbero convivere finalmente insieme alla luce di una coscienza ambientale (e non ambientalista), ormai consolidata, soprattutto tra le giovani generazioni.
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