Mentre in Italia impazza la polemica sul taglio previsto dal Governo Renzi agli incentivi alle rinnovabili, in Germania la cancelliera Merkel interviene per “stangare” l’autoconsumo
Non è solo il Governo Renzi a intervenire sui sussidi alle fonti rinnovabili ma anche il Governo della tedesca Merkel, la cui vocazione “green” è stata un fiore all’occhiello della sua campagna elettorale.
E’ di ieri infatti la notizia che, dopo un ennesimo richiamo da parte della Commissione europea, Berlino ha dovuto apportare alcune modifiche al disegno di legge sulle energie rinnovabili presentato lo scorso aprile. Lacrime e sangue attendono così gli autoproduttori di fonti rinnovabili che dovranno pagare il sovrapprezzo per l’incentivazione delle fonti fossili. Nel 2015, secondo il nuovo disegno di legge, gli autoproduttori da impianti fotovoltaici, eolici onshore e a cogenerazione di potenza superiore fino a 10 kW dovranno pagare il 30% del sovrapprezzo da fonte rinnovabile, nel 2016 il 35% e nel 2017 il 40%. Un paradosso che sembra confermare, almeno secondo l’associazione tedesca dell’industria del settore, la Bundesverband Erneuerbare Energie, gli orientamenti energetici del Governo tedesco oltre che un aumento della dipendenza della Germania dal gas russo. Critiche che, secondo la Bsw-Solar, l’associazione dell’industria solare, saranno concretizzate in un ricorso di fronte alla Corte Costituzionale.
Un’alzata di scudi che dalla Germania arriva fino a casa nostra. Come noto è di qualche giorno fa la decisione del Governo Renzi di intervenire sui tanto discussi incentivi alle fonti rinnovabili e, come più volte dichiarato, farlo in modo retroattivo. Secondo i produttori infatti “Renzi piega i mulini i venti” e fa scappare gli investitori, minando la credibilità non solo del settore ma di tutto il paese. Del resto Renzi di taglio alle bollette energetiche aveva parlato anche nelle famose slide di presentazione del suo programma di Governo e poichè #lasvoltabuona dovrà diventare #laverasvolta, non poteva non mantenere fede ai suoi impegni.
Ciò di cui però, almeno al momento non si vede la fine, sono le modalità con cui la svolta viene messa in campo. Intervenire in modo retroattivo e soprattutto non garantire mai regole certe per nessuno (rinnovabilisti o meno) non fa crescere la credibilità di un paese. Fa solo lavorare bene e in modo proficuo chi dell’opacità e delle regole che cambiano in corso d’opera ne ha fatto una professione oltre che un discreto patrimonio. I contratti già firmati non devono essere messi in discussione. Non era forse meglio essere meno generosi all’inizio per non dover intervenire poi?
E’ solo politica di buon senso che certo non ha nulla a che fare con logiche di lobby e di potere ma in un paese dove il buon senso si è perso ormai per strada è giusto ricordarlo. E’ vero che i mercati hanno la memoria corta ma Matteo Renzi, da buon comunicatore, dovrebbe sapere che la “reputazione” è cosa sacra, soprattutto quella di un paese. E sulla reputazione, anche se siamo un popolo dalla memoria corta, si gioca la credibilità politica di un leader.
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