Scajola, Matacena e l’eolico savonese
La storia dell’arresto di Claudio Scajola, già ministro di diversi governi Berlusconi e importante dirigente del centrodestra, si arricchisce ogni giorno di particolari e dettagli. Ultima, quantomeno in ordine di tempo, è una mail inviata alla Dia, Direzione investigativa antimafia, venerdì scorso, con l’indicazione d’un nome e la sintesi d’una testimonianza che potrebbe chiudere il cerchio su un filone tenuto in gran conto dagli investigatori: i rapporti non solo affettivi, ma pure d’affari , fra l’ex ministro Claudio Scajola tuttora agli arresti su richiesta della Dda di Reggio Calabria, il latitante di mafia Amedeo Matacena che avrebbe cercato di aiutare facendolo transitare da Dubai al Libano, e la moglie di quest’ultimo Chiara Rizzo, che è stata trasferita questa mattina in Italia dal carcere di Marsiglia (dov’era trattenuta dopo l’arresto scattato al rientro dagli Emirati con un volo per Nizza).
Secondo il Secolo XIX del 20 maggio 2014, il settore di riferimento sul quale si stanno accendendo gli interessi degli inquirenti, è quello dell’eolico; la società principalmente monitorata è la “Fera srl” di Milano (con sede di fronte alla stazione nello stesso palazzo dell’Ordine dei Giornalisti, di proprietà della Curia Milanese). Quest’ultima ha costruito due parchi eolici in Liguria, a Cairo Montenotte e alla “Rocca”, comune di Pontinvrea, sempre in provincia di Savona. Madrina della seconda inaugurazione fu Maria Teresa Verda, moglie dello stesso Scajola.
Senza dimenticare che il ministero dello Sviluppo economico ai tempi in cui a guidarlo era il politico imperiese, stanziò quasi mezzo miliardo di incentivi al settore. Ancora: il figlio Pier Carlo Scajola è socio con Daniele Santucci in un’azienda che si occupa di energie alternative. E proprio Santucci era stato individuato – grazie alle tracce dei telefonini – dall’Antimafia alle Seychelles, insieme a Matacena già latitante lo scorso anno.
Soprattutto, nella missiva telematica inoltrata pochi giorni fa agli inquirenti si fa riferimento ad almeno un viaggio che proprio Matacena avrebbe compiuto nella sede della Fera srl a Milano (la medesima Fera, lo confermano altre carte giudiziarie, è stata coinvolta in varie indagini dell’Antimafia al sud, Sicilia in primis, riporta il Sole XIX): è di quest’episodio, quindi, che esisterebbe un testimone pronto a rinnovare il suo resoconto alle forze dell’ordine.
Ed ecco che torna in ballo la domanda: quanto erano soltanto «familiari», i rapporti con la famiglia Matacena, e quanto invece ci poteva essere di comune sul fronte strettamente economico? Scajola ha ricevuto domenica la visita in carcere di Susy De Martini, genovese ed eurodeputato forzista: in isolamento e con la cella zeppa di faldoni su cui annota appunti e post-it, dopo essersi fatto consegnare un’immagine di Santa Caterina di Labouré, rimarca di aver fatto tutto «per aiutare un amico e sua moglie in difficoltà».
Nello specifico, riferendosi ai movimenti di denaro “agevolati” a Chiara tramite un contatto nella banca di Montecarlo, insiste: «Era in crisi, il pignoramento dei beni al marito condannato stava mettendo a rischio il sostentamento suo e dei figli. Ecco l’unico motivo per cui mi sono prodigato».
Affermazioni prontamente smentite da Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a 5 anni per associazione esterna alla mafia, rispondendo in collegamento da Dubai a “24 Mattino” su Radio 24. “Non ho mai avuto rapporti di affari con Scajola”, ha dichiarato Amedeo Matacena. “E’ assolutamente inesatto, io non ho mai avuto rapporti di affari con la ‘Fera’ ne’ ho mai operato nel campo dell’eolico – ha detto Matacena – e non ho mai avuto rapporti di affari con Scajola, assolutamente. Scajola e’ un amico di famiglia, lo e’ diventato, mia moglie lo ritiene un padre e tutte queste cose mi lasciano allibito”. Matacena ha aggiunto di non ritenersi un latitante perche’ “nel momento in cui sono arrivato a Dubai nel tentativo di chiedere un asilo politico, come gia’ fatto in Svizzera, sono stato arrestato e mi hanno ritirato il passaporto, in attesa che la pratica di estradizione con l’Italia venga definita. Sono di fatto prigioniero degli Emirati Arabi Uniti e se decideranno di estradarmi mi prenderanno e mi consegneranno alle autorita’ italiane. So che l’Italia ha fatto una richiesta di estradizione, la pratica e’ in itinere ma non so a che punto e'”. Matacena ha fatto un ricorso contro la sentenza definitiva alla Corte europea dei diritti dell’Uomo.
Vai alla fonte dell’articolo
Commenti Recenti