In previsione della discussione del 22 gennai sul nuovo Pacchetto energia-clima al 2030, al lavoro tutte le lobby del settore. Secondo alcune indiscrezioni il target relativo alle energie rinnovabili non sarebbe vincolante e potrebbe fermarsi ad un massimo di 27% di produzione di energia da fonte alternativa. Diverso discorso per l’efficienza energetica (che dovrebbe arrivare al 40%), a favore della quale sono intervenute più voci, anche in Italia.
Dopo la lettera del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che aveva dichiarato “irrealistico” il tentativo dell’Unione Europea di aumentare al 2030 il taglio previsto per i gas serra, portandolo dal 20 al 40%, si sprecano i pareri divergenti. Uno dei temi su cui però sono in molti ad essere d’accordo, è sicuramente quello dell’efficienza energetica.
“Puntare sull’efficienza energetica agevolerebbe in Italia un ulteriore sviluppo tecnologico e l’uscita progressiva dall’uso dei combustibili fossi, perchè per quello sulle rinnovabili partiamo fortemente avvantaggiati rispetto ad altri paesi della UE“. Così Stefano Vaccari, senatore del Pd, membro della Commissione Ambiente sul libro Verde che l’Unione Europea discuterà il prossimo 22 gennaio.
Dello stesso avviso, anche la EU-ASE, l’associazione europea di multinazionali con siti produttivi in tutti i 28 Stati Membri dell’UE, più di 150.000 impiegati e un fatturato aggregato di oltre €70 miliardi, che ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta. Nella lettera, si legge, “è necessario avere un target obbligatorio europeo al 40% per la riduzione dei consumi energetici. Il risparmio energetico è la leva più efficace dell’UE per rafforzare la propria sicurezza energetica e la competitività dell’economia dell’intero continente”. Secondo l’International Energy Agency (IEA) l’efficienza energetica è, “la prima fonte d’energia”e, spiega la lettera a Legga. “La causa degli elevati prezzi di energia elettrica in Europa, è dovuta principalmente all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili. L’IEA osserva che, se questa tendenza fosse invertita attraverso maggiori investimenti in efficienza energetica ed energie rinnovabili, i prezzi industriali per l’energia elettrica si ridurrebbero di almeno il 15% entro il 2035″, spiegano ancora le multinazionali. “L’Italia non sarà mai un Paese che potrà competere su petrolio e gas, bisogna puntare su quei settori industriali che hanno ora i più alti potenziali di crescita e creazione di posti di lavoro non delocalizzabili”.
E sul tema della competitività dell’Italia, e in particolare delle imprese, è intervenuta anche la Cisl, nella persona del Segretario confederale, Luigi Sbarra. “La riduzione della CO2 del 40% al 2030, deve essere accompagnato da una coerente politica economica, industriale e soprattutto occupazionale”, ha dichiarato Sbarra, “sia in ambito europeo che a livello nazionale, capace di alzare la competitività del sistema produttiv e di favorire una forte crescita dell’occupazione”. “Bisogna garantire che i finanziamenti e le risorse finanziarie riferiti al raggiungimento degli obiettivi climatici ed ambientali”, ha proseguito il segretario della Cisl, “siano al di fuori dei vincoli di bilancio della stabilità finanziaria”.
Un dato, al momento però è certo. Con la crisi economica i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera sono scesi e questo è un “risultato” che le lobby contro il pacchetto climatico utilizzeranno per fare pressione sui membri della Commissione. Per le grandi società di servizi europee infatti, gli incentivi alle energie rinnovabili hanno fatto alzare i prezzi dell’energia e portato le aziende europee ad essere meno competitive.
Chi la spunterà non è ancora dato sapere. Vero è che ogni paese sta già facendo i conti con le proprie priorità in materia di energia e il “non vincolo” potrebbe essere una delle strade che l’Unione Europea intenderà percorrere per non creare malcontento tra gli Stati membri. La Gran Bretagna e la Francia hanno già dichiarato battaglia annunciando che vorrebbero utilizzare energia atomica per raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 e per fare pressione su quei paesi che invece sostengono il raggiungimento degli obiettivi di energia rinnovabile, come la Germania, il Belgio e l’Austria.
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